Parrocchia
Santa Maria Domenica Mazzarello - Roma
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   Brevi cenni sull’origine e la storia del Tempo liturgico che costituisce il cammino di preparazione spirituale alla celebrazione della Pasqua.
Quaresima. Cammino di Resurrezione.
Il termine «Quaresima» deriva dal latino «Quadragesima», che a sua volta traduce la parola greca «Tesserakonte» che significa semplicemente “quaranta”, richiamando così a prima vista la durata di questo tempo dell’anno liturgico. In realtà, però, in origine la parola «Quaresima» non fu scelta in riferimento alla durata del periodo in cui questo tempo si articola. Anche perché nei primi anni dalla sua storia la Quaresima durava solamente alcuni giorni; solo successivamente la sua durata fu estesa a una settimana, per poi passare a tre settimane, sino a raggiungere gradualmente la durata dei quaranta giorni richiamati nel nome stesso di questo tempo liturgico. Il significato del termine «Quaresima», più precisamente, affonda le sue radici nella simbologia e nella teologia biblica, dove il numero quaranta esprime a livello simbolico un senso di compiutezza, indica il tempo ideale in cui si fa esperienza dell’incontro con Dio e ha un valore salvifico-redentivo.
Possiamo far riferimento in questo senso ai brani della Sacra Scrittura in cui il numero quaranta viene utilizzato non solo come indicazione di una ricorrenza temporale, ma anche e soprattutto come espressione dal valore e dal significato fortemente simbolico per l’esperienza e la vita di fede del credente. Penso, ad esempio, al racconto del diluvio contenuto nel libro della Genesi in cui l’autore sacro riferisce che “Il diluvio durò sulla terra quaranta giorni” (Gen 7, 17). Il significato simbolico del numero quaranta utilizzato in questo contesto ci chiama a riflettere sul fatto che nonostante ciascuna persona possa fare esperienza più o meno protratta del male nel corso della propria storia, tuttavia ogni essere umano, grazie alla misericordia di Dio, ha sempre davanti a sé la possibilità di un futuro di vita nuova e di salvezza. Oppure penso al racconto del peregrinare del popolo di Israele nel deserto (Gs 5, 6) nel quale il numero quaranta indica la fine di un periodo duro di prova per coloro che si erano allontanati da Dio e sancisce l’inizio di un tempo nuovo di Comunione con il Signore. Nel Nuovo Testamento il numero quaranta è utilizzato ad esempio per indicare il tempo trascorso dal Risorto insieme ai discepoli prima dell’Ascensione (At 1, 3). Il numero quaranta in questo contesto vuol farci riflettere sul fatto che nella nostra vita c’è sempre un tempo in cui è possibile fare esperienza della presenza, dell’amore e della salvezza di Dio da accogliere e trasmettere.
Da un punto di vista cronologico, le prime testimonianze storiche ove è documentato l’uso della parola «Quaresima» le troviamo in una lettera pasquale di Sant’Atanasio (La lettera di Sant’Atanasio risale all’anno 334 circa), negli scritti di Eusebio di Cesarea e di Sant’Ambrogio e in una lettera che San Girolamo scrive alla monaca Marcella residente in Terra Santa (L’Epistola 24 di Girolamo alla monaca Marcella risale all’anno 384). Tuttavia l’esistenza di un periodo di preparazione alla celebrazione della Pasqua, non ancora chiamato Quaresima, è attestata in documenti più antichi risalenti al II e III secolo.
Diversamente da quanto avviene oggi, inizialmente la Quaresima non interessava l’intera comunità ecclesiale ma era riservata esclusivamente:
  1. ai catecumeni, che intensificavano e ultimavano in questo periodo di tempo la loro preparazione catechetica e spirituale per poter ricevere poi i sacramenti dell’Iniziazione Cristiana (Battesimo, Confermazione ed Eucarestia) durante la notte di Pasqua;
  2. ai penitenti pubblici, che dopo questo tempo di penitenza ricevevano il sacramento della Riconciliazione la mattina del Giovedì Santo.
Solo con il trascorrere del tempo la Quaresima diverrà un tempo di grazia destinato a tutta la comunità cristiana caratterizzato da un ascolto più assiduo della Parola di Dio, dalla preghiera intensa, dalla pratica della carità e del digiuno. Questi elementi devono essere vissuti non come caratteristici di un tempo di dolore o di tristezza, ma come principi di un cammino spirituale che vuole ridestarci ogni anno all’essenziale della vita. Attraverso le pratiche tradizionali del digiuno, dell’elemosina e della preghiera, la Quaresima ci ricorda ogni anno che il cristiano è chiamato a vivere quotidianamente una relazione di vita con Dio che si esprime anche attraverso la logica di una relazione di attenzione al prossimo.
La Quaresima, allora, non è un tempo triste o di privazione, ma al contrario è un cammino verso la gioia pasquale che, con la vittoria di Cristo sulla morte, annuncia la divinizzazione dell’uomo, chiama ogni credente ad accogliere e trasmettere la salvezza di Dio nel mondo e ricorda a tutti noi che il destino di ogni cristiano è fatto di Vita eterna.
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21.01.2024